Allevamento in Italia: il futuro dei giovani passa anche da qui
Allevamento in Italia: il futuro dei giovani passa anche da qui
60 nuove aziende italiane aperte solo nell’ultimo anno: il settore dell’allevamento è in ripresa, e coinvolge sempre più giovani sotto i 35 anni.
Nell’epoca del digitale e nel periodo della crisi delle attività artigianali sembrerà un controsenso, eppure sono sempre di più i giovani che sfruttano la disoccupazione per investire nell’allevamento: al primo posto gli allevamenti caprini, seguiti da bovini e ovini.
La produzione animale ha un’enorme potenzialità: quella di utilizzare e al tempo stesso mantenere vive aree marginali che altrimenti sarebbero condannate al degrado, allevare razze autoctone e in via di estinzione, produrre alimenti sani carichi di sapere e di storia, che sono lustro e identità del territorio.[1]
Un allevamento gestito con approccio agroecologico ha produzioni di alta qualità, favorisce l’allevamento di razze rustiche, l’utilizzo di risorse locali e rinnovabili come pascolo e bosco ed è fondato sul reciproco beneficio uomo-animali-terra. Scopo di questo lavoro è fornire utili basi per un allevamento etico, ecologicamente ed economicamente sostenibile e per far ciò occorre partire dalla conoscenza dell’animale, dall’imprescindibile legame tra agricoltura e zootecnica e dal mantenimento della salute come migliore arma di cura.[2]
Inutile nascondere il fatto che agricoltura e allevamento hanno subìto, negli ultimi decenni, drastici interventi secondo il modello produttivo industriale, sottoponendo l’ambiente a mutamenti che in alcuni casi causano danni irreversibili, costringendo gli animali a vivere in condizioni artificiali e dolorose.[3] L’allevamento del futuro si basa, dunque, sulla salute e sul benessere dell’animale, dell’uomo e dell’ambiente, tutti interconnessi tra di loro.
Il cuore di un uomo si può conoscere da come tratta gli animali.
Immanuel Kant